Chef emergenti da tenere d'occhio
Pietro Ganni, lo chef del ristorante del Museo di Biella, è giovane e ha molto da raccontare
- Chi è il giovane chef della caffetteria ristorante del museo di biella?
- Cuciarin, la pasta di montagna
- Una cucina naturale e del territorio
- Contatti
Biella era una piccola città del profondo Nord di cui pochi ricordavano l’esistenza (biellesi a parte).
Poi è arrivato Zerocalcare con la sua serie animata e - sorpresa! - ha ambientato le ultime due puntate proprio a Biella. Chissà poi perché. Forse per un romano Biella è un luogo remoto come Timbuktu, solo più freddo.
Improvvisamente l’Italia si è accorta che Biella esiste, che ci succedono cose tristi ma anche allegre, che ha un centro storico molto carino, bei paesaggi e un tessuto sociale che tiene, nonostante tutto. A Biella prima o poi ci si incontra tutti e, magari, si possono ascoltare belle storie.
Chi è il giovane chef della Caffetteria Ristorante del Museo di Biella?
Una storia bella è quella di Pietro Ganni, giovane chef e anima della Caffetteria Ristorante del Museo, nel Chiostro della Basilica di San Sebastiano (che da sola vale una visita, fidatevi). Gli ho fatto qualche domanda, ma soprattutto ho ascoltato le sue passioni e i suoi entusiasmi.
Un cuoco ricercatore, così si definisce Pietro. Ventinove anni e una formazione solida e varia, che parte dalla Scuola Alberghiera e prosegue con stage stellati (Il Patio a Pollone, Alice e Aimo e Nadia a Milano) ed esperienze all’estero (Ristorante Segugio ad Amsterdam) per approdare poi all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, seguita da una pausa di riflessione creativa in montagna ed arriva, finalmente, al ristorante del Museo.
Pollenzo gli ha cambiato prospettiva, dice. Ha frequentato per un anno, poi ha capito cosa gli interessa davvero: una cucina che sia in relazione con il territorio e con la natura.
Nella natura ci è andato davvero: per due anni da solo in un rifugio, a pensare e a cucinare con”pochi ingredienti da valorizzare in modo creativo anche per non annoiarsi, facendo tutto a mano - che di utensili sofisticati non ce n’erano”.
Cuciarin, la pasta di montagna
Proprio in montagna ha creato una pasta di cereali integrali e acqua che ha chiamato cuciarin, cucchiaino, che propone anche ora al ristorante, condita con vegetali ed erbe spontanee a seconda della stagione. Di sicuro i cuciarin non sono amici della fretta: ci vuole almeno un’ora per formare un chilo di pasta!
“A mio modo di vedere non ci può essere innovazione prescindendo da ciò che cresce in natura”. Non a caso, i suoi ingredienti preferiti sono le erbe, i frutti e i fiori spontanei. Gli piace partire dalla morfologia della pianta: ogni parte di un vegetale ha un sapore e una consistenza differente ed è una bella sfida cercare di valorizzarle tutte.
Raccogliere ciò che la natura ci offre, senza alterarne l’equilibrio, mi pare sia la quintessenza della sostenibilità: si seguono le stagioni, si conserva ciò che non si consuma subito, non si spreca. È una filosofia che Pietro ha sposato da tempo, tanto da essere tra i fondatori di una associazione che si occupa di ricercare il rapporto tra Biodiversità e abitudini derivanti dalla domanda di cibo. Sembra difficile, ma in realtà ha a che fare con la valorizzazione di ciò che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, se ci prestiamo attenzione.
Una cucina naturale e del territorio
Un esempio fra tanti: il dolce a base di Reynoutria Japonica, una pianta infestante che predilige i terreni umidi e sabbiosi e colonizza il greto dei torrenti, le strade e i terrapieni lungo la ferrovia. L’interesse gastronomico risiede nel fusto - simile al rabarbaro - che diventa una composta con cui farcire crostate sorprendenti. Chi mai ci avrebbe pensato?
Al Ristorante del Museo, Pietro propone una cucina naturale e del territorio: molta verdura di piccoli produttori locali, cereali integrali, formaggi e carni della Cascina degli Eremiti, paletta biellese, ogni tanto baccalà e acciughe - i pesci di chi dal mare è distante.
La polenta c’è, ma non di mais: Pietro preferisce un mix di segale e farro, cereali che crescono a temperature più fredde e quindi maggiormente in linea con il clima biellese. Il menu cambia due volte al mese e viene proposto sia a pranzo, sia a cena, senza differenze.
Noi abbiamo provato: gnocchetti di zucca al vapore con spuma di Maccagno e porro croccante, tartare di barbabietola con chips di topinambour e tuorlo impanato e bonet bianco per dessert. Piatti creativi ed equilibrati che raccontano la vita e le esperienze di chi li ha cucinati.
Gli ho chiesto chi considera i suoi maestri. I cuochi stellati, da cui ha avuto la fortuna di imparare tecnica e desiderio di innovazione, di certo. Ma anche le piccole cucine a dimensione familiare, fondamentali per sentirsi accolto. Come sempre non c’è una risposta sola, le personalità sono un mosaico. Per fortuna.
Come si vede nel futuro, Pietro? Una domanda difficile, afferma. “Mi vedo in un ristorante mio o che abbia la mia impronta, perché la cucina è l’espressione dell’istinto materno e della cura ed io me la sento dentro. Mi piace che i clienti si sentano coccolati e che stiano bene, si sentano a casa”.
Contatti
Ristorante Caffetteria del Museo
Via Quintino Sella 54/b, Biella
347.3225548
mara.miotto81@gmail.com
www.museodelterritorio.biella.it