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Andare in Russia per formaggi

Dopo anni di importazione selvaggia, il settore primario russo vive un exploit, soprattutto in ambito caseario


In Russia, e in particolare a Mosca, la stabilizzazione seguita al caos del periodo dell’interregno eltsiniano ha coinciso con un’esplosione dei consumi gastronomici da parte di oligarchi e non. Come era ovvio che fosse, dopo decenni di isolamento economico, tutti gli occhi dei consumatori erano rivolti all’estero e, in particolare, ai prodotti francesi, a rinsaldare un legame risalente ai fasti del periodo zarista. Se uscendo dai grandi magazzini Gum, a fianco della Piazza Rossa le vostre borse non contenevano svariati esemplari di brie, camembert o roquefort venivate tacciati di essere dei music, una sorta di servi della gleba contemporanei.

Tutto si importava: nonostante lande di dimensioni sconfinate, erano più frequenti cargo con carne macellata dall’Australia che camion che portassero i bovini macellati dalle campagne ai centri metropolitani. Aerei pluri-giornalieri rifornivano negozi e ristoranti dei migliori prodotti, con estremo disappunto e miseria degli agricoltori e allevatori locali.

Poi sono venute le sanzioni economiche a cui Putin ha reagito, tra le altre, vietando l’importazione di alcuni prodotti caseari prodotti in Europa. Ed ecco che, dall’inizio dell’autunno 2014, il settore primario russo ha vissuto un exploit secondo – per rapidità e quantità – soltanto a quello vissuto dai viticoltori franciacortiani, con un aumento della produttività pari al 18% e buona pace delle multinazionali statunitensi – tra cui PepsiCo – che possiedono tra le più grandi aziende casearie locali e di coloro che ancora si domandano perché l’indice di gradimento del presidente sia ai massimi livelli.  

In particolare, come riportato in una recente inchiesta del New York Times, sono i caseifici locali a cavalcare la ripresa, spinti da ordinativi provenienti dai più sofisticati ristoranti e foodstores rimasti all’improvviso sprovvisti di formaggi. C’è chi, da un lato, si specializza a rimpiazzare le importazioni – vietate – di mozzarelle e ricotte, con prodotti locali che sempre di più si avvicinano agli esemplari originali. Chi, invece, punta maggiormente sui prodotti autoctoni, tra cui quello che si potrebbe considerare il fratello minore dell’emmental svizzero, prodotto nella regione montagnosa dell’Altaj in Siberia. L’idea venne copiata e importata in Russia da un nobilastro di ritorno da un soggiorno presso i centri termali elvetici alla fine del XIX secolo. Alla vista è più chiaro e con buchi più piccoli rispetto all’originale svizzero e ai formaggi ovini provenienti dal nord del Caucaso, per il sapore mi sa che dobbiamo aspettare a quando arriverà sulle nostre tavole. Speriamo presto!

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