Gli spaghetti, inno gastronomico del popolo italiano
La ricetta italiana per antonomasia, reinterpretata anche dallo chef Fulvio Pierangelini
Arriva gà forte dai balconi l’Inno di Mameli. Se arrivasse anche il profumo, sarebbe di certo dello spaghetto al pomodoro. Chi, in queste tristi settimane, non lo ha cucinato almeno una volta? Questa ricetta non ha una paternità e un’età precisa, ma secondo il grande Giuseppe Prezzolini (Maccheroni&Co) appartiene al genio collettivo del popolo italiano. Insomma, un inno anche questo, sebbene gastronomico, all’Italia unita, tra l’altro ben “suonato” con: «Maccarone, m’hai provocato e io te distruggo», nel film "Un americano a Roma" di Steno (del 1954), dove Alberto Sordi (Nando) giocava sul contrasto tra cibo americano e italiano. La forchetta di Nando, in realtà, inforca lo spaghetto e non il maccarone, ma questo formato di pasta è stato visto, a lungo, come simbolo della cucina italiana, mentre meno diffuso, in passato, il ruolo identificativo dello spaghetto rispetto a oggi.
Per lungo tempo lo spaghetto con salsa di pomodoro è scomparso dalle tavole griffate, quasi rappresentasse un modesto e diffuso piatto casalingo, lesa maestà questa alla creatività dello chef. Di contro, nel menu di Fulvio Pierangelini, allora al Gambero Rosso di San Vincenzo (2 stelle), chef sempre controcorrente, già negli anni Novanta lo spaghetto al pomodoro faceva bella mostra nel menu. La sua scelta è nata quando, una notte, a locale chiuso, senza altri clienti, nonostante il mio arrivo fosse fuori orario, mi chiese quale piatto avessi voglia di assaggiare: “spaghetto al pomodoro”, risposi. In breve tempo arrivò in tavola il piatto richiesto, vestito in modo elegante, a forma di gomitolo di lana e con due foglie di basilico come fiocchetto. Un piatto da urlo, anche al gusto. Così, colpito anche dalla presentazione, avanzai una provocazione a Pierangelini: perché non lo inserisci in menu a un prezzo molto alto, così vedi le tendenze della clientela? Dopo pochi giorni Fulvio mi telefonò per dirmi che quel gomitolo di spaghetto era diventato una star del menu, nonostante in quell’epoca dominasse la nouvelle cuisine.
Nel tempo ho assistito a diverse “invenzioni” estemporanee di Pierangelini, tra cui una originale zuppa di mozzarella di bufala, con ricetta creata al momento, scritta su un cartone di vino, mentre su una scala sistemava la sua cantina. Ricetta poi messa a punto in cucina e richiesta con grande interesse. Questo geniaccio ancor più mi ha sorpreso una sera a cena, a casa mia, quando, rovistando qua e là tra i barattoli della mia dispensa, ha scovato e portato via una originale crema di fagioli e i peperoni cruschi di Senise, appena scoperti durante un mio viaggio in Basilicata. Ebbene, nel giro di una settimana, i due ingredienti lucani sono stati trasformati in un dessert: «fagottini di fagioli e peperoni, crema al peperoncino», che ha poi riscontrato un grande successo. Quando ho comunicato ai produttori lucani come fossero stati utilizzati i loro prodotti, sono rimasti increduli.