Davvero fresco e nostrano?
Riconoscere la freschezza dei pesci senza farsi ingannare
Che il Made in Italy sia sempre più taroccato lo sappiamo ormai tutti, ma che non si limitasse solo alla moda non ce lo aspettavamo: due pesci su tre di quelli che vediamo nelle nostre pescherie o che mangiamo nei ristoranti non sono nostrani, nonostante vengano spacciati per italiani. Da tempo la Coldiretti Impresapesca l’aveva denunciato e questo avviene sia nei ristoranti, dove non è necessario indicare la provenienza del pesce, ma anche nelle pescherie, dove mostrare l’etichetta d’origine sarebbe invece obbligatorio.
Comprare pangasio del Mekong spacciato per cernia, lenguata senegalese pensando che sia una sogliola o filetto di brosme venduto come baccalà non è di certo quello che vorremmo! E non ci renderà certo tranquilli sapere che i gamberetti appena acquistati provengono dalla Cina, dall’Argentina o dal Vietnam, dove il trattamento con antibiotici, vietati in Europa perché nocivi per la nostra salute, è invece consentito. Non é infatti tanto la provenienza del pesce a doverci preoccupare in questo caso, ma i diversi tipi di trattamenti che esso subisce per sembrare appena pescato o per essere spacciato per una specie più pregiata (e quindi con un costo finale maggiore).
E l’inganno non finisce qui: spesso, prima di arrivare sui banchi delle pescherie, per esserci presentati come appena pescati, i prodotti ittici vengono lucidati con olii cosmetici per sembrare più freschi; una piccola incisione sulla spina dorsale basta perché il poco sangue residuo venga rimesso in circolo e doni una parvenza di rossore alle branchie. Viene persino utilizzata acqua ossigenata, vietata dal Ministero della Salute, per sbiancare e lucidare le carni e purtoppo la lista delle sofisticazioni messe in atto potrebbe continuare.
Ma è possibile difendersi da tutte queste frodi? Sappiamo ormai tutti che per riconoscere un pesce fresco questo deve avere occhi vividi e sporgenti, carni sode e odore di mare, ma non sempre quest’analisi è sufficiente. La Coldiretti consiglia quindi di affidarci solo a rivenditori di fiducia che espongano l’etichetta (obbligatoria dal 23 dicembre 2014) la quale deve indicare chiaramente il nome scientifico del prodotto, la zona di cattura e il metodo di produzione, ma anche se questo è fresco o congelato/decongelato.
Da parte nostra quando abbiamo intenzione di acquistare un prodotto, dovremmo essere in grado di riconoscere le sue principali caratterisitiche morfologiche che lo differenziano dai cugini meno pregiati: l’alaccia ad esempio, rispetto alla sardina, ha una fascia dorata sul fianco. Insomma, non è sempre facile difendersi dai furbetti del pesce, ma con un po’ di impegno e attenzione potremo divenire prede più difficili da prendere all’amo.