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Il vino fa male?

Il vino fa male? Quanto se ne può bere? In che modo educare i giovani al consumo responsabile? Tante le domande sul vino a cui medici hanno provato a dare risposte.



Tra la nuova etichettatura europea (ambientale e nutrizionale), la nuova tassazione in diversi paesi importatori e la minaccia (alla fin fine, invero, poco minacciosa) del vino dealcolato, il nettare di Bacco negli ultimi mesi non ha davvero avuto pace.

Ma una delle discussioni più problematiche è stata senz’altro quella - da cui è ventilata l’ipotesi di apporre anche sulle etichette dei vini alert analoghi a quelli presenti sui pacchetti di sigarette - volta a capire se questa bevanda alcolica, che l’uomo consuma dalla notte dei tempi, faccia male oppure no.

VINO E SALUTE

Proprio questo è stato il focus della conferenza che si è tenuta lo scorso lunedì 18 settembre 2023 presso la sede di Confcommercio a Milano, che ha visto protagoniste l’ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino) e l’Ordine dei Medici di Milano. L’incontro, dal titolo In Vino Veritas, ha provato a far dialogare il mondo dell’enologia e della cultura del vino con quello della medicina, tentando di fare chiarezza, attraverso anche dati scientifici, sui rischi e sui benefici legati al consumo di vino, focalizzandosi in particolare su quattro aspetti nodali: le strategie di comunicazione per l’adolescente e gli effetti dell’etanolo su sistema cardiocircolatorio, fegato e sangue.
Il vino fa male?
Se la vostra speranza è in un verdetto definitivo, ve lo diciamo subito: una risposta tranchant non c’è. E, probabilmente, non potrà mai esserci. «Perché quando entriamo nel campo medico, entriamo in un ambito innanzitutto umanistico, non scientifico» come ha ricordato la relatrice dottoressa Marta Riva, dirigente medico ematologo presso l’ospedale Niguarda di Milano. «La medicina si basa sul rapporto medico-paziente, può raccogliere dati statistici, analizzarli, ma non potrà mai dare una ricetta valida per tutti, sempre e a livello universale».

«Sarebbe scorretto fornire una risposta - ha confermato il dottor Alberto Martelli, ex primario pediatra, attualmente libero professionista - perché, almeno al momento, non esiste; esistono solo una serie di parametri che possiamo analizzare e che speriamo, nel tempo, ci aiutino a individuare quale possa essere il rischio zero per ciascun paziente. In tal senso, abbiamo fiducia che, con l’intelligenza artificiale, si possa arrivare a un algoritmo in grado di stimare con precisione qual è la dose di alcol non rischiosa per ciascuno, in base alla variabilità individuale metabolica, alla sua storia genetica e alle sue patologie».

QUANTO VINO BERE?

Nell’attesa che il progresso tecnico-scientifico ci restituisca una risposta "personalizzata", come dobbiamo comportarci rispetto al consumo di vino? Una ricetta da seguire con buon senso esiste già, hanno ricordato i medici, ed è quella, propagandata da anni, che quantifica il consumo di massimo 1 Unità Alcolica (U.A.) al giorno per la donna (125 ml di vino pari a 12 g di alcol) e 2 per l’uomo (fino a 65 anni d’età). Attenendoci a queste direttive, si riduce il rischio legato al consumo di alcol, portandolo in un ambito di rischio tollerabile.

Sottolineiamo: si riduce, perché, per portare il rischio a zero, bisogna necessariamente evitare del tutto di bere. Un comportamento, l’astinenza, raccomandato all’unanimità dai medici nei casi in cui si sia, ad esempio, in presenza di una malattia oncologica o di una cardiopatia ischemica pregressa.
Vino e salute
Ancora una volta, sono emerse, quindi, le difficoltà comunicative del vino, proprie tanto ai medici quanto a noi comunicatori della materia enologica. Il problema è che il vino si colloca in una “zona grigia”. Non possiamo considerarlo un alimento innocuo o, addirittura, raccomandabile, in quanto contiene circa un 13% di etanolo, che è una sostanza tossica per il corpo umano. Ma nemmeno condannarlo definitivamente, mettendolo alla stregua di tabacco o droghe sintetiche, perché qualcosa di buono, in fondo, ce l’ha: i polifenoli, presenti nello 0,3% circa nella natura dei Flavonoidi, importanti antiossidanti che si sono dimostrati utili anche nella prevenzione di alcune patologie.

Inoltre, in particolar modo per il nostro Paese, il vino è stato per secoli nutrimento, ed è tuttora veicolo di storia, cultura, tradizione, territorio, persino paesaggio. Per non dimenticare tutto l'aspetto edonistico della degustazione, che ci porta a scegliere il vino, non per il suo contenuto d'alcol, ma per tutte le altre sfumature sensoriali che sa regalare.

COME COMUNICARE IL VINO

Come maneggiare, allora, la comunicazione di questa bevanda tanto controversa?

La soluzione individuata e confermata ancora una volta dalla Convention è stata la promozione capillare della cultura del vino. Una conoscenza della materia e della bevanda, in tutte le sue sfaccettature, che deve iniziare sin da giovani e deve avvenire nei luoghi di educazione più rilevanti, ovvero a scuola e a casa. Perché, una delle tipologie di consumo più rischiose, oltre ovviamente all’abuso continuativo, è il binge drinking, ovvero il consumo smodato, quindi in un certo senso “passivo”, concentrato nell’arco di poco tempo (oltre 6 Unità Alcoliche in 2-3 ore), che coinvolge in particolar modo i più giovani.
Come comunicare il vino
Nella speranza che le scuole si attivino in maniera più incisiva in tal direzione, in che modo, invece, un normale consumatore di vino può educare i propri figli a casa a un consumo responsabile?
«Innanzitutto, evitando i divieti categorici e i “no” senza spiegazione - ha sottolineato ancora il dottor Martelli, forte della sua esperienza con bambini e adolescenti - dopodiché, bevendo noi per primi occasionalmente e con moderazione, dando valore al gesto. Quindi, spiegando perché si è scelto di aprire quella bottiglia, raccontarne la provenienza e magari perché la si sta abbinando a un certo piatto».

Noi, nel nostro piccolo, su queste pagine virtuali, proviamo a farlo ogni volta: raccontando la provenienza, il territorio, il produttore, soffermandoci sugli aspetti della degustazione di un vino. Ma, soprattutto, abbinandolo sempre.

Questo è stato, sin dall’inizio, il mantra del Winesday: il vino mai da solo e fine a se stesso, ma abbinato ogni volta a un piatto, a un’occasione, a un qualcosa che dia un confine al suo consumo, affinché esso sia, sempre, un consumo ragionato.

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