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Fiorentina, molto più di una bistecca

Come deve essere una bistecca alla fiorentina?


A Firenze con la bistecca non si scherza, prima di tutto è necessario precisare che trattasi di bistecca con l’aggiunta obbligatoria di: “alla fiorentina”, candidata addirittura a patrimonio dell’Umanità dell’Unesco (un riconoscimento ottenuto recentemente dall’arte dei pizzaioli napoletani) dal Comune, dalla Regione e dall’Accademia della bistecca.
Solo questo “consesso” di beccai (così sono chiamati localmente i macellai) detta le corrette regole, appunto che possono definirla tale.

La mobilitazione per ottenere il sigillo Unesco è già in movimento in città, a cominciare dalla pubblicazione di un libro: “la Fiorentina” di Aldo Fiordelli (ed. Gruppo Editoriale) che ha chiamato a raccolta, durante l’evento Taste, osti e macellai, seguaci ortodossi di questo famoso piatto, già dal 1750 nel dizionario dell’Accademia della Crusca, sebbene il nome sia una “fiorentinizzazione della parola inglese riferita alla costata “beef-steak”. La bistecca alla fiorentina si ottiene dal taglio della lombata in corrispondenza alle vertebre lombari; ha nel bel mezzo l’osso a forma di “T” (in inglese è chiamata T bone steak), con il filetto da una parte e il controfiletto dall’altra, di un vitellone tra 15 e 24 mesi dell’Appennino Centrale (Chianina, Romagnola, Marchigiana) o Maremmana, Calvana, Piemontese o di una scottona.

Quest’ultima non è una razza bensì un capo, ovvero un bovino di sesso femminile di età non superiore a 15/16 mesi che non ha mai partorito. C’è chi sostiene il taglio della seconda vertebra della scottona sia la scelta corretta per ottenere la migliore qualità.
La bistecca dovrà essere alta 3 dita (c’è chi addirittura indica 4) con un peso a partire da un minimo di 800 grammi in su, caratterizzata da una buona marezzatura. Prima della cottura è importante frollare la carne per una decina di giorni nonché lasciarla fuori del frigo qualche ora prima di metterla sulle braci (o sulla padella). La cottura è un momento di altrettanta importanza per il risultato finale: incidono sia i tempi (c’è chi dice 4 minuti per parte) e il legno da cui si ottiene la carbonella, preferibilmente olivo. Se non presenta tutti questi requisiti è semplicemente una “bistecca” senza accento fiorentino.

Il mito della Chianina, ritenuta un tempo come la sola carne assoluta, pur presente nella memoria storica, ha lasciato, nel tempo, il posto anche alle altre razze, ma la qualità di qualsiasi carne è determinata, in primo luogo, dalla corretta e sana alimentazione e dalla qualità della vita dell’animale. Un principio questo che da sempre ha visto uno dei guru, il macellaio Dario Cecchini di Panzano in Chianti far ricorso da anni ad un allevamento spagnolo, da lui seguito con grande cura. Anche se in tempi recenti nella sua macelleria ha fatto ingresso pure la Chianina dell’allevamento Manetti.

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