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Expo: dateci il casu marzu, oltre al porcetto sardo

Dopo il primo sì del governo a su porcheddu, tra gli stand milanesi ci auguriamo di trovare anche il "cacio marcio"


“Riusciranno i nostri eroi a portare l’amato porcheddu tra gli stand milanesi o ci toccherà rimpiangere la sua paradossale assenza?”: il 3 marzo vi avevamo lasciati con questo interrogativo di fronte alle tristi vicende di su porcheddu, bandito da Expo 2015 e trattato alla stregua dei peggiori criminali. La causa di tale ingiusta discriminazione era dovuta alla peste suina africana che da anni impedisce l’esportazione dei maiali sardi. La Sardegna aveva chiesto l’annullamento dell’embargo per Expo e l’autorizzazione a commercializzare, con i dovuti interventi di termizzazione, le carni che rispettano i requisiti di biosicurezza. Il governo aveva risposto picche e in molti, dagli allevatori ai politici, ai fans reali e virtuali del porcetto, erano insorti contro il divieto, ritenuto assurdo e penalizzante per la regione che, nonostante i grossi investimenti fatti per l’esposizione universale, era stata costretta a rinunciare a uno dei suoi prodotti gastronomici più identitari.

La causa sembrava essere ormai perduta, quando ieri finalmente qualcosa si è mosso, con il primo sì del governo alla presenza di su porcheddu a Milano. Il sottosegretario Vito De Filippo ha comunicato che “il Ministero alla Salute ha già predisposto un protocollo sperimentale per la spedizione, canalizzata e a esclusiva utilizzazione dei prodotti suini cotti provenienti da aziende sarde, in ambito Expo 2015”. L’applicazione del regime derogatorio, sottolinea il rappresentante del governo, “deve tener conto dei dati epidemiologici e delle azioni intraprese dalla regione per una valutazione del  rischio della situazione sanitaria”. In particolare le attività di eradicazione della peste suina africana, approvate a livello comunitario nel 2015, richiedono un’ ulteriore lotta contro gli allevamenti illegali per debellare definitivamente la malattia.

Sull’onda dell’entusiasmo per il via libera del porcetto, ci siamo chiesti: “e il casu marzu? Perché non avere anche lui all’Expo?”. Il pecorino sardo, croce e delizia dei palati dei buongustai, è considerato illegale dal 1962 per il suo metodo di produzione. Il cacio marcio, come ci suggerisce lo stesso nome (marzu, frazzigu, fattitu, becciu, muhidu, jampagadu, in base alla zona), è un formaggio (generalmente un Fiore Sardo) andato a male perché attaccato e colonizzato dalla larve della mosca casearia che, attraverso le crepe della crosta, scavano tunnel e penetrano nella pasta, trasformandola in una crema dal sapore piuttosto deciso, tendente al piccante. Nonostante gli espliciti divieti, esistono ancora pastori che lo producono e dal 2004 sono state avviate delle pratiche per l’ottenimento della Dop per salvaguardare il prodotto come tradizionale e farlo uscire dalla clandestinità. Il progetto per la riabilitazione del casu marzu ha coinvolto anche l’Università di Sassari. Nel 2007 la facoltà di Agraria ha svolto delle ricerche (coordinate dal professore Andrea Lentini), con le quali ha confermato la fattibilità della produzione sperimentale del formaggio marcio, attraverso l'allevamento delle larve della mosca in un ambiente artificiale, controllato dal punto di vista igienico. A questo punto ci chiediamo: non è il caso di insistere anche per su casu marzu ad Expo?

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