Siseroshi: la locanda giapponese nella periferia bresciana
Siseroshi a Brescia: la locanda di Luca Imberti, dove lo chef Vitaliy Dovbenko propone un viaggio nella cucina giapponese.
E si torna a Brescia.
Sapete che con me non si viaggia facile, quindi oggi vi porto nella bassa, anche se in realtà il vero spostamento sarà verso il Giappone.
Pronti a partire?
LA STORIA DI SISEROSHI
Scarpizzolo è il piccolo paese dove Luca Imberti ha deciso di aprire la sua nuova locanda giapponese. Matto? Un po’ si, ammetto, vedendo dov’è il posto, ma dopo essere entrata e averlo conosciuto è solo amore per questa sua passione che lo accompagna da trent’anni, e con successo, nel mondo della ristorazione multi cuturale.
“Il Giappone è arrivato per caso. In un mio locale, durante il forzato delivery, ho voluto aggiungere anche qualche proposta del Sol Levante per dare più scelta alla clientela. Poi ho conosciuto Vitaliy Dovbenko e gli ho chiesto se voleva affiancarmi in questa nuova avventura, dopo aver passato 10 anni a fianco di chef giapponesi per approfondire la conoscenza, la tecnica, la cultura e la filosofia di questa cucina”.
Il nome dello chef non è proprio autoctono, ma ucraino. Poco importa direi se uno si fa propria una cucina come quella giapponese, che è molto di più che un semplice nutrirsi e piacere.
Siseroshi apre nel Dicembre del 2021 con l’intento di regalare agli ospiti un viaggio esperienziale in questa cultura che fa del cibo un vero e proprio rituale. E allora apriamo queste porte ed entriamo.
IL LOCALE
Legno, cemento e le splendide stoffe giapponesi. Si entra da una porta stile saloon, vai e vieni, ed è talmente bello l’impatto che riesco e rientro una seconda volta sentendo subito un caldo abbraccio di benvenuto nell’atmosfera.
Sono due le sale, la prima dove c’è la postazione dello chef per le sue preparazioni espresse e l’altra con pochi tavoli, che non vi descrivo nei dettagli perché per fine aprile sarà tutto diverso. Ci sarà il bancone Omakase, che ospiterà 8 persone e 6 tavoli con cucina Kaiseki.
(Ph. credit: M.Tamasco)
Omakase [お任せ] deriva dal verbo Makaseru [任せる] e significa fidarsi. Dicendo questa parola affidi il tuo pasto allo chef, che ha il compito di scegliere tutte le ricette preparate.
La cucina Kaiseki (懐石 kaiseki ryori) nella cultura culinaria giapponese rappresenta una forma di pasto tradizionale che include tante piccole portate, oltre alle competenze tecniche (comparabili alla grande cucina occidentale) che occorrono per cucinarle.
LA PROPOSTA
Non s’inizia senza prima lavarsi le mani con una salviettina calda e umida, anche perché per molti piatti sono bandite le bacchette. Sono tre i punti fermi: l’utilizzo di materie prime fresche e di stagione, di condimenti molto semplici per far risaltare tutto il gusto degli ingredienti principali e la presentazione curata ed elegante.
La carta è di transizione, come anticipavo. “Abbiamo iniziato con una proposta molto facile, composta da piatti e tanti uramaki per un primo approccio con la clientela, abituata in Italia a queste cose. Mano a mano sta diventando sempre più esperienza, con la proposta di soli menù, che cominciano da entrée e finiscono con i dolci, che cambiano come vogliamo noi, intendendo il come vogliamo noi che cuciniamo solo in base alla spesa del giorno.
Il primo menù è wagyu, solo A5, che arriva esclusivamente dal Giappone come quasi tutte le materie prime. 5 modi di mangiare questa carne: nigiri, tartare, temaki, tataki e in ultimo, fatto al tavolo, shabu shabu, suono onomatopeico che significa sciacquare i panni. È portato al tavolo un fornello con la pot giapponese con solo brodo dashi a cui poi si aggiungono le verdure che, una volta cotte, vengono mangiate con soia e sesamo.
Arrivano poi le fette di wagyu che si cucinano facendo shabu shabu, quindi immergendole per 3 secondi, e poi condendole con le salse. Il nostro consiglio però è l’affidarsi, con il menù da 6 o 8 portate, dove decidiamo noi cosa darvi, l’Omakase. Poi c’è un menù dedicato al ramen e infine il manga maki, con i nomi ispirati ai fumetti.
Gli uramaki non esistono nella cucina giapponese, quindi da tanti sono diventati pochi che abbiamo inventato noi con ingredienti particolari, ma nel giro di 6 mesi spariranno anche perché c’è una leggenda tra i cuoci giapponesi: augurano allo chef che fa gli uramaki di morire fuori dal Giappone, che è la cosa peggiore che ti possa capitare!”.
PAROLA D'ORDINE: NO SALSA DI SOIA
Nigiri hosomaki e sashimi. Tutto il resto non è sushi! É questa la premessa all’arrivo della prima portata. S’inizia da destra. Ombrina con foglie di wasabi. triglia scottata con salsa yuzu addensata e sopra crumble di uova e gambero. Gallinella con shiso grattuggiato e senape. A chiudere uno degli assaggi che più mi ha colpito, da mangiare per ultimo: tamago, frittata al forno con gambero fresco frullato. Deliziosa.
(Ph. credit: M.Tamasco)
A intervallare gli assaggi zenzero marinato e non cercate la salsa di soia sul tavolo perché non c’è e non ci deve essere! Raccomandazione: il nigiri si mangia con il pesce sulla lingua. Impossibile riuscirci con le bacchette quindi usate le mani e assaporatelo tutto in un boccone così che tutti i sapori si sentano sulla lingua e lateralmente.
Passiamo poi al Takoyaki, che in Giappone è un cibo da strada. Sono polpettine con all’interno del polpo morbido, in tempura, con salsa otafuku, maionese e katzuobushi. Ovviamente il filo conduttore è sempre il sapore umami, ma qui c’è anche tanta golosità.
E tornando a divertirci con le mani, prendendolo e arrotolandolo come fosse un taco, il temaki: alga nori essiccata alla base e sopra riso, mazzancolla blu fatta marinare nell’alga kombu, salsa yuzu kosho, agrumata e pepata, testa della mazzancolla in tempura e un giardinetto di germogli con del sesamo.
(Ph. credit: M.Tamasco)
Non può mancare un assaggio di wagyu, in tartare condita solo con pepe sancho e sale e accompagnata da una cialda di peperoni rossi, salsa di tuorli d’uovo e germogli di erba cipollina.
Basta questo per incuriosirvi, il resto andate a scoprirlo personalmente. Intanto vi addolcisco anche se il Giappone ha poco di tipico in tal senso, se non il daifuku, un simil gnocco ottenuto da un impasto di riso glutinoso e farcito con pasta di fagioli azuki e al centro un frutto.
Con tutto questo, e tanto altro, cosa beviamo? Iniziamo con un cocktail, con wasabi e tonica allo yuzu, proseguiamo con una bottiglia e terminiamo con un sake, ma volendo anche con birra, tè e soprattutto Whisky.
(Ph. credit: M.Tamasco)
La serata termina e quello che ci rimane è una bellissima magia, per il luogo, la proposta e le persone conosciute.
Che dirvi, se non Buon viaggio?
Aperti dal mercoledì alla domenica per cena dalle 19:00
Contatti
Siseroshi Ristorante Giapponese
SP9 114, Scarpizzolo (BS)
030.7999799
siseroshi.locandagiapponese@gmail.com