Parla catalano l'alta cucina internazionale
Così sentenzia la classifica World’s 50 Best Restaurant, ma la vera sorpresa arriva dal Sudamerica
Pare chiusa l’era di Noma (anche se al secondo posto), il ristorante di Copenaghen di Rene Redzepi, leader per due anni, che aveva portato alla ribalta la cucina nordeuropea. Chissà se non avesse avuto quell’incidente di percorso, ovverosia l’intossicazione propinata a una sessantina di commensali, un’esperienza che lo accomuna, guarda caso all’inglese Heston Blumenthal del Dinner by Heston di Londra, piazzato al settimo posto. Si vede che questi “inconvenienti” non influiscono nel giudizio degli oltre 900 opinion leader, che decretano poi la classifica dei migliori chef del mondo.
I giurati rappresentano 26 regioni distinte in tutto il mondo: il panel è costituito da critici, chef, ristoratori, ciascuno dei quali dispone di sette voti, di cui almeno tre destinati a ristoranti non presenti nella rispettiva regione. Un meccanismo questo che lascia molti critici e commentatori assai perplessi, così come succede con il Pallone d’oro assegnato ogni anno al miglior calciatore, perché si formano irrimediabilmente delle lobby con voto di scambio (tutto il mondo, o meglio, tutte le votazioni sono Paese...) e soprattutto sono premiati ad hoc locali, magari mai visitati, fuori della propria Regione.
E’ chiaro che il lobbismo appare evidente dai risultati geopolitici annuali della graduatoria: dopo il nordeuropa, ecco trasparire evidente dall’attuale classifica, di là dall’apparente strapotere spagnolo, la crescita esponenziale degli chef sudamericani: brasiliani, peruviani e messicani, comandati dallo chef Atala. Forse sarà loro il 2014. Chiaro che le manovre dietro le quinte sono già cominciate.
Last but not least: il terzo posto di Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena, che ha scalato un paio di posizioni rispetto al 2012, ma da tanti era atteso come possibile numero 1, visti i consensi ottenuti nel mondo; quindi Le Calandre (27°), Combal zero (40°), Piazza Duomo (41°). Ancora una volta la lobby italiana non ha funzionato, forse necessita di un efficiente capobastone “elettorale”, così come dispongono altri. Perché non prenderlo in prestito dalla politica?
Sine qua non