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Pappiamoci il Carnevale!

In arrivo in tutta l'Italia una sequela di feste e dolci caratteristici


Sono in arrivo valanghe di dolci. E’ così da sempre, quando all’orizzonte spunta il carnevale. Certo i protagonisti di questa festa popolare sono le maschere, a Venezia e a Mamoiada (Sardegna), o i carri a Viareggio, a Cento di Ferrara e al carnevale Tempiese, ma su tutta la penisola è un fiorire di feste molto particolari, come a Ivrea, piuttosto che a Putignano.  Perché lo stretto legame tra il carnevale e i dolci? Soprattutto perché è una festa che nasce proprio dalle tradizioni contadine; forti infatti, erano, un tempo, le valenze simboliche legate al mondo agricolo-pastorale.

 

Si trattava della fine dell’inverno e l’arrivo della primavera, l’inizio dunque di una stagione opulenta, feconda e fertile per la terra, che assicura eccellenti raccolti. Ecco dunque la festa con i dolci opulenti, fritti con strutto e con l’utilizzo della sugna. Da cui hanno preso vita chiacchere, bugie, frappe, sfrappe, stracci, cenci, crostoli, galani, meraviglias: la stessa ricetta, chiamata nelle regioni italiani in maniera diversa; denominazioni che si rifanno o alla forma o alla consistenza. Non solo chiacchere ma castagnole, tagliatelle fritte, girelle, ravioli dolci, scroccafusi…

 

Non mancano peculiarità come il berlingozzo (dolce al forno tipico) in Toscana che, durante il giorno (giovedì grasso) del Berlingaccio – che è anche una maschera -  aveva il suo momento di gloria, quando, a tutti i golosi dei paesi toscani veniva messa una ciambella legata al collo. 

Anche Putignano ha la sua celebrità carnevalesca, la maschera Farinella, che ha preso nome da una leccornia del territorio: uno sfarinato di ceci e orzo tostati. E’ stata per generazioni di contadini, assieme ai fichi secchi, l’unico pranzo consumato durante i lavori nei campi. Tuttora comunque è consuetudine servire la farinella con sughi e altri intingoli.

 

In Sicilia, durante il carnevale della contea di Modica si fa la ‘mpagnuccata (dolce di origine araba) che, in altri territori, si chiama pinnocchiata o pignolata a Palermo. In Sardegna, dove ogni borgo ha il suo carnevale soprattutto in maschera, a Mamoiada dove sfilano i mammunthones, maschere di legno nero chiuse da un fazzoletto scuro, con indosso pelle di pecora e particolari campanacci, le specialità più diffuse sono: para frittus, fatti frissi (zeppole), frsjoli, acciuleddi. Altro carnevale di rilievo è la Sartiglia a Oristano.

 

Nel centro Italia (Marche, Umbria, Abruzzo) la specialità più diffusa è la cicerchiata, una preparazione molto antica a base di ceci e miele.  La risposta del Sud alla cicerchiata è costituita dagli struffoli Napoletani; all’apparenza il dolce sembra identico, ma le due ricette presentano numerose differenze. Inoltre, il dolce napoletano viene guarnito con “cannulilli” e “diavulilli” colorati, quasi a voler significare l’innata allegria e il folclore tipici di questo popolo. Sempre in Campania si prepara il causone napoletano di fattura simile ai tortelli dolci di altri territori, soprattutto in Emilia, però presenta una variante alla ricetta davvero singolare e forse un po’ piccante: il pecorino. Tra i dolci protagonisti ci sono le famose zeppole (con o senza ripieno di crema  pasticciera). Si narra che il giorno di San Giuseppe, che si festeggia il 19 Marzo, i friggitori napoletani si esibissero pubblicamente nell’arte del friggere le zeppole davanti alla propria bottega. E ancora nel napoletano si prepara o forse si preparava il migliaccio a base di miglio (ormai introvabile) e ricotta e anche il sanguinaccio, oggi bandito perché prevede il sangue di maiale. Insomma ovunque un carnevale all’insegna di semel in anno licet insanire.

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