Macellai stellari
Grandi artigiani dietro le quinte degli chef
Perché il palcoscenico: quotidiani, riviste, televisione, tappeti rossi, serata Vip, è bollente di chef mentre gli agricoltori, i mugnai, i macellai, i casari, i panettieri sono tenuti a bagno maria nelle cronache dei media?
Questione di feeling, di fisico o di relazioni? E’ davvero un mistero perché i protagonisti del mangiarbere, in particolare di questo secolo e di quelli a venire, sono gli sconosciuti produttori di materie prime e di ingredienti.
Se non c’è qualità all’origine è un no sense disquisire sulla cucina creativa, su quella destrutturata e anche su quella del territorio. E di riflesso anche sul gusto perché, come alcuni produttori credono che uve di mediocre qualità, passate in barrique possano produrre buon vino, è altresì illusorio pensare di una carne, ottenuta da una bestia alimentata con mangimi scadenti e allevata in spazi angusti, possa essere trasformata in eccellenti pietanze.
Lo chef, il cuoco o il cuciniere sono in realtà trasformatori di materia prima altrui, di cui spesso disconoscono: l’origine (è solo una moda menzionare in menu la razza: chianina, piemontese, cinta senese, mora romagnola etc.), l’alimentazione degli animali, i tagli del quarto anteriore (quanti cuochi sono in grado di disossare un manzo?).
Giorgio e Gian Pietro Damini (Arzignano, Vicenza) maialino da latte croccante e coppa di maiale pesante panata).
Dario Cecchini (Ponzano, Firenze), grazie al grande successo del funerale della bistecca, ma questo toscanaccio è un grande professionista in grado di offrire tagli e preparazioni di qualità. Le sue carni sono spagnole proprio perché Cecchini crede siano le migliori e di cui segue i vari passaggi dall’allevamento alla macellazione.
Michele Martini di Boves: a detta dei suoi colleghi, un maestro, fornitore di locali famosi e non. I suoi agnelli, i suoi capretti, il suo fassone sono stellari. E chissà quanti altri eccellenti sconosciuti macellai ci sono dietro le quinte degli chef.