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Milano iper food!

Chissà se in futuro la Milano da bere sarà soppiantata da una Milano da mangiare


Prima l’invasione di hamburgerie, poi lo sbarco delle pizzerie, quindi  l’arrivo dei giapponesi veraci o di cuochi cinesi travestiti da nipponici. Milano può apparire come una food city, basta camminare lungo i Navigli, in via Vigevano, in corso Garibaldi e in via Solferino parte  alta. I locali di cibo ormai hanno preso il posto dei negozi di abbigliamento anni Ottanta. Purtroppo chi arriva o chi apre al food non sono le griffe come un tempo, quando sbarcavano gli stilisti prestigiosi del ghota mondiale artefici, con i colleghi italiani, del successo del quadrilatero della moda.

Una vera attrazione a livello mondiale, così come il design del Fuori Salone del mobile, divenuto meta da non perdere. Dopo la Milano da bere, si potrà enfatizzare in futuro anche una Milano food city? Allo stato attuale la città, ormai anche ambita meta turistica internazionale, offre una ristorazione “easy” (come tutte le città turistiche del resto), largamente rappresentata dallo Street food (paninoteche, pizzerie, hamburgherie, gelaterie, tavole calde) con punte anche di qualità, tra cui i maestri pizzaioli campani che hanno aperto la loro attività anche nella città della Madonnina. E non solo pizzaioli, la corsa alle vie di grande passaggio è presa d’assalto dai format più disparati (cannoli, kebab, all you can eat, bracerie, toasterie), quasi a significare Milano come città di conquista commerciale.

Tante aperture in poco tempo a cui fanno da pendant anche molte chiusure, costrette in molti casi, soprattutto i consolidati locali tradizionali, dagli affitti stellari invece ben sopportati misteriosamente dagli ultimi arrivati. Il nuovo che avanza ha sicuramente anche formule basate su format innovativi, lanciati e sostenuti con maestria sui social, ideati per diventare  network da mettere quanto prima sul mercato. Milano dunque come Londra, New York, Parigi? Non proprio, perché a Londra e New York (e si potrebbe anche aggiungere Hong Kong) anche gli chef o i ristoranti di prestigio “stranieri” fanno a gara per aprire un locale, mentre a Parigi le stelle locali abbondano (sarebbe molto dura far loro concorrenza), basti pensare che in un quartiere (VIII arrondissement) le 3 stelle sono quante in Italia. Chissà, chissà domani…

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