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Cacio e pepe: il primo cult della cucina romana

Una pasta senza tempo, nata durante la transumanza, valorizzata da trattorie e osterie e ora interpretata anche dai ristoranti. Storia e successo della Cacio e pepe.



"Dammi tre parole” (sole, cuore, amore) è stato il grande trionfo canoro di Valeria Rossi, così come solo tre ingredienti fanno il successo della “Cacio e pepe”. Una pasta senza tempo che, dopo anni di presenza nelle sole tavole romane, è balzata alla ribalta ovunque: dai ristoranti stellati alle osterie e soprattutto nelle cene fra amici.

Ormai la “Cacio e pepe” divide la leadership del primo piatto più richiesto, con le inossidabili Amatriciana e carbonara, ma ha dalla sua un vantaggio competitivo: in cucina servono solo cacio, pepe e pasta. Appunto tre semplici prodotti, sempre presenti o quasi, nella cambusa di casa e di semplice lavorazione.

LA NASCITA DELLA CACIO E PEPE

A differenza però di molte altre ricette iconiche, dietro alle quali si favoleggiano leggende, più o meno veraci, la Cacio e pepe non ha paternità certa, solo la storia popolare lega la sua natalità con il mondo “burino” della transumanza.

Si narra infatti che in estate, durante gli spostamenti del gregge, verso pascoli montani, freschi e floridi, e in inverno verso pascoli di pianura al riparo da neve e ghiaccio, i pastori dell’agro romano riempissero la bisaccia con alcuni alimenti a lunga conservazione (guanciale di maiale, pomodori secchi), ma non mancassero di qualche fetta di cacio pecorino, un sacchetto di pepe nero e spaghetti essiccati preparati a mano con acqua, sale e farina.Transumanza_Cacio e pepe_CibovagareCosì nelle sere a cielo aperto, nella campagna laziale, poi anche nei monti abruzzesi e umbri, i pastori erano soliti, far bollire l’acqua e cucinare la pasta, appena scolata, con il cacio e il pepe. Chi poi abbia fatto migrare questo piatto nelle osterie romane, resta un mistero, ma di certo hanno contribuito personaggi famosi come Aldo Fabrizi, fratello della Sora Lella, la cuoca più amata dai romani, che ha scritto sonetti assai noti sulla pasta tra cui:” Ma bona, pepe e cacio solamente, che cor guanciale poi se chiama Gricia”.

L'INTERPRETAZIONE NEI RISTORANTI

Spaghetti o tonnarelli, con cacio romano o pecorino sardo, con pepe nero o rosa, attualmente in giro per l’Italia, la Cacio e pepe viene offerta in mille modi: cotta nella vescica al Lido 84 di Gardone Riviera di Camanini; con gamberi rossi crudi al Bucaniere di San Vincenzo di Fulvietto Pierangelini; con i cavatelli gamberi rossi e calamaretti a spillo da Chic Nonna di Vito Mollica e anche in uovo alla cacio e pepe, dove non c’è pasta né mantecatura al Portico di Appiano Gentile di Paolo Lopriore e ancora cacio e pepe, trasformato in risotto da Sora Maria e Arcangelo di Olevano Romano.Cacio e pepe_gamberi rossi_cibovagareA Roma continua a imperversare però la Cacio e pepe originale in locali cult, come Felice a Testaccio, Checchino dal 1887, Roscioli Salumeria con cucina, Trattoria Sora Lella.

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