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Ricordi di Rita e dell'Hotel Gallura

Rita Denza, un personaggio indimenticabile per la gastronomia


La vista delle spiagge della fascinosa Sardegna in questi primi week end di sole, gli aerei sempre più affollati sulla rotta di Olbia, mi hanno richiamato alla memoria un personaggio indimenticabile che, ahimè, ci ha lasciati. Rita Denza, anzi la signorina Rita, così come veniva chiamata da clienti e dipendenti del suo ristorante dell’Hotel Gallura di Olbia. Piccola, minuta, sempre in piedi a ricevere i suoi fedeli commensali che arrivavano da ogni parte del mondo. C’era chi addirittura, prima di raggiungere Porto Cervo o Porto Rotondo, faceva tappa per gustare i piatti originali di Rita, che lei spesso raccontava a voce (facendo arrabbiare chi volesse la carta).

Il grande successo di Rita, soprattutto nei mesi estivi, aveva provocato una corsa alla prenotazione e una conseguente raccomandazione di amici degli amici, quasi fosse un locale stellato e lei uno chef televisivo, ma di contro non aveva neppure il sostegno della critica della Ragion Gastronomica. Pochi si erano resi conto di quanto fosse diventata un’attrazione di non poco conto per la sua città. Infatti Rita non ha avuto riconoscenze, addirittura prima non le hanno concesso di allargarsi con la cucina (utilizzava ancora la cucina a legna), poi è stata sfrattata, quando era molto grave in ospedale.Dopo anni però voglio ancora ricordarla, voglio assegnarle tante stelle e stelline per i suoi piatti, che ancora sono nella mia memoria: in primis, i limoni e gli anemoni di mare (le orciadas) fritti, le alghe marine, le ostriche, i tartufi e i ricci di mare che ogni giorno le portava il suo pescatore di fiducia (Nestore Casabona, di origine ligure). Davvero straordinaria la sua aragosta alla catalana (ci vogliono le foglie di sedano, ammoniva, strusciate nella mano per emettere il profumo), che arrivava solo da luoghi dove aveva dei pescatori fedeli: da Santa Teresa di Gallura o dalle Calette di Siniscola o di Bosa o di Alghero. Rita spesso proponeva anche piatti dove mostrava la sua grande abilità nello sposare sapori e profumi inediti, come i tagliolini con porcini e ostriche o l’insalata di calamari e pesche o le minestre di erbe (di cui aveva grande cultura), il sampietro in spiedino con riduzione di aceto rosso, il gelato al riso.

La sorpresa forse più imprevista di questo piccolo locale di Olbia, noto per il pesce, era lo straordinario capretto al forno dalla storia bizzarra. Infatti arrivava (forse c’è ancora) da Molara, piccola isola vicina alla più nota Tavolara, dove un pastore allora allevava capretti nella proprietà Tamponi e in questo luogo i capretti respirano aria di mare, vivono in un pascolo nutrendosi di erba salmastra, un vero presalé. Quando l’ho assaggiato, la prima volta, ho esclamato: “è un mangiare da re”. Guarda caso si racconta che nell’isola di Tavolara c’era, un tempo, un re, nominato da Carlo Alberto, tale Berteleoni.

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